Il Vescovo di Ostia Stefano Aubert, fu eletto papa, col nome di Innocenzo VI nel 1352, durante la “cattività Avignonese”. Fu chiamato così il periodo, dal 1304 al 1377, in cui la sede del papato si trovava ad Avignone. Quel momento è ricordato come il più tragico della storia della chiesa, resa prigioniera,( di qui il nome “cattività”, in latino “prigionia”) del re di Francia, che voleva controllarne la politica e le ricche entrate. Nonostante ciò, Innocenzo fu un papa saggio e irreprensibile, apprezzato per questo anche da un acerrimo nemico dei papi avignonesi, come Francesco Petrarca, che li giudicava tutti corrotti e scandalosi. Il nostro grande poeta definì, al contrario, Innocenzo “Magnus vir et iuris consultissimus”, uomo illustre ed espertissimo di diritto, e ne esaltò l’operato e la modestia dei costumi, così in contrasto con quelli dei suoi predecessori.
Innocenzo VI è anche il papa di Cola di Rienzo, il grande agitatore del popolo romano e acerrimo nemico della nobiltà, la quale da sempre spadroneggiava nella città eterna e che durante l’esilio dei papi in Avignone era divenuta ancora più forte ed arrogante. L’obiettivo di Cola era fare anche di Roma, nonostante fosse sede del papa e teoricamente anche dell’imperatore, un Comune dotato di propri ordinamenti e risorse, governato da rappresentanti del popolo di Roma, animato dalla memoria della sua grandezza. Dopo alterne vicende, il tribuno, caduto in disgrazia presso il popolo, si rifugiò ad Avignone da Innocenzo, che, forse col segreto proposito di recuperare il potere nella città eterna, forse perché veramente convinto dagli argomenti di Cola, lo inviò in Italia con il cardinale Egidio d’Albornoz, il grande condottiero a cui affidò il compito di liberare anche le principali città dell’Italia Centrale dal potere dei signori locali. I Da Polenta a Ravenna, i Malatesta a Rimini, i Montefeltro a Urbino, i Visconti a Milano e tanti altri avevano ormai instaurato una signoria personale nelle loro terre, cancellando l’autorità papale. Albornoz impiegò dieci anni a ricondurre i signori all’obbedienza. Non altrettanto fortunata fu l’impresa di Cola che poco dopo il rientro a Roma cadde per mano di un sicario. Quando Papa Innocenzo VI morì, quasi tutte le province ribelli gli avevano giurato obbedienza feudale. La stessa Roma, libera dal potere repubblicano di Cola, ma anche da quello dei nobili, chiedeva a gran voce il ritorno del papa. La morte lo colse nel 1362 mentre si preparava al rientro.
Innocenzo fu sicuramente un buon papa. Amante della giustizia, dette nella sua corte un grande esempio di austerità e severità nei confronti degli scandali. Protettore dei letterati e grande estimatore del Petrarca, chiese al poeta di divenire suo segretario. Sappiamo che però egli, troppo amante della sua libertà, rifiutò l’incarico.
A cura di Silvia Grassi