Un elefante a Ostia
Negli anni ’30 dello scorso secolo alcuni scavi effettuati in prossimità dell’attuale Viale del lido di Castel Porziano, laddove i più antichi cordoni dunari fanno da argine all’area depressa un tempo occupata dallo Stagno di Ostia, portarono alla luce uno scheletro assai ben conservato di un elefante. Questo giaceva nei sedimenti limosi dell’ex stagno nelle proprietà della Famiglia Chigi. Di tale ritrovamento ne diede nota nel 1938 un esimio studioso, il De Angeli D’Ossat, che molto operò tra l’altro nell’area del vecchio Stagno di Ostia. Si dice che i resti furono portati nel Castello di Castel Fusano e che da lì furono asportati dall’esercito tedesco che lasciarono al propietario soltanto un dente. In realtà tutta l’area romana ha restituito molti resti faunistici di elefanti, rinoceronti, felini ecc. in gran parte risalenti al Pleistocene e quindi vecchi di qualche centinaio di migliaia di anni. L’elefante di Castel Fusano era però intrappolato nei sedimenti dello Stagno di Ostia, che sono assai più recenti (pochi migliaia di anni), e questo rappresentava una notevole differenza con i tanti altri resti dell’area romana. Nel 2010 si decise di fare una datazione assoluta al 14C (carbonio 14) per definire con esattezza l’età dei resti. Il compianto professor Antonio Praturlon chiese al principe Chigi la possibilità di utilizzare il dente ancora in suo possesso da cui prelevare pochissimi milligrammi di materiale. Grazie alla disponibilità del principe fu così possibile effettuare l’analisi che venne eseguita presso il CEDAD di Lecce. Il risultato fornisce un intervallo temporale (età calibrata) compreso tra il 210 e il 350 d.C. (probabilità del 68.2%) e tra il 130 e il 390 d.C. (probabilità del 95.4%). Tali risultati consentono di ritenere che si trattasse di un elefante vivente con grande probabilità intorno al III secolo d.C. Ma cosa ci faceva nel III secolo d.C, un elefante al margine dello Stagno di Ostia? In quel periodo l’area era utilizzata per far stazionare animali importati da terre lontane e destinati ai giochi nel circo o nelle venationes. La particolarità di tale ritrovamento sta nel fatto che lo scheletro era pressoché completo a differenza di altri ritrovamenti di animali esotici nelle aree limitrofe che comunque confermano che l’area era devoluta allo stazionamento di tali animali.
A cura di Piero Bellotti