Percorri quelle strade bianche che ti portano tra i campi coltivati subito fuori Ostia Antica, a pochi passi dall’argine del Tevere, fermati e immagina!
Portiamo indietro l’orologio a più di 3 millenni fa, diciamo a circa 3200 anni da oggi.
Lì dove vedevi Ostia Antica ci sono solo poche dune prima della costa, alle tue spalle il terreno sale fino a Monte Cugno, ma invece dei palazzi di Dragona e Monti San Paolo vedi un bosco di querce, lecci e vari arbusti che ricoprono il terreno fino quasi alla cima, da dove sale qualche colonna di fumo tra i tetti delle capanne agglomerate dietro un terrapieno, lì c’è Ficana. Ancora con le spalle al mare, trovi sulla tua destra a qualche decina di metri la riva del lago costiero e più a sinistra quella del Tevere, ormai vicino alla sua foce.
Il bosco, lì dove ti trovi, si va diradando tanto da lasciare spazio ad arbusti o a veri e propri appezzamenti adatti al pascolo. La sponda del lago è circondata da giunchi e altre piante tipiche delle aree umide, poco lontano qualche salice regala ombra.
Questo ci raccontano i pollini trovati negli strati indagati e le analisi che i geologi hanno fatto sull’evoluzione del corso del Tevere. A questo dobbiamo aggiungere alcuni frammenti ceramici, dell’intonaco di capanna e poco altro, poco per definire con certezza l’insediamento ma abbastanza per creare una correlazione stilistica e cronologica con i reperti, molto più consistenti, del sito di Maccarese. Le Vignole era un insediamento posizionato a poca distanza da te, sull’altra sponda del Tevere. Anche il contesto ambientale, geologico e morfologico era molto simile.
Immaginati di andare sotto uno di quei salici, ti siedi all’ombra, sulla riva del lago vedi un ragazzo pescare, alle tue spalle a qualche decina di metri pascola un gruppetto di pecore sorvegliate da un cane. È primavera inoltrata. Alcune donne riempiono e chiudono dei vasi cilindrici, semplici ed alti, li stivano vicino ad una capanna.
Le capanne a Le Vignole erano posizionate su dei dossi di terra, rami intrecciati e detriti ceramici, ogni stagione tornavano e li aggiustavano per garantire un pavimento asciutto sotto la capanna.
Qualche donna è su un altro dosso, intorno ad un focolare: cucinano. I ragazzi più grandi si adoperano con vasi e strumenti, alcuni accudiscono un paio di cavalli, uno è andato a controllare le pecore dietro di te e richiama il cane. Alcuni adulti tornano da una battuta di caccia con un cinghiale ed un piccolo cervo, altri invece sono intenti a riunire del legname e dell’attrezzatura. Un paio di anziani cercano di consigliare e dare delle indicazioni per gestire meglio vasi, scorte, coltelli e quant’altro.
Anche sotto l’ombra inizia a far caldo e noti che la sponda del lago in alcuni punti ha qualche piccolo segno, il livello dell’acqua è leggermente più basso rispetto all’inverno. È ciò che accade durante la bella stagione per il caldo e le scarse piogge. Ti incammini verso il Tevere e noti la stessa cosa.
I pascoli tra poco saranno meno grassi, è per questo che stanno preparando scorte e bagagli, tra qualche settimana potrebbero andar via, potrebbero andare alla ricerca di un luogo più umido e con erba migliore.
Questo è un quadro plausibile dell’insediamento che durante la parte finale dell’Età del Bronzo era presente nella zona di Via del Collettore. Ciò che possiamo dire con certezza è che quella era un’area con una pluralità di habitat, materie prime alimentari ed artigianali, nonché di vie di comunicazione. Questo la rendeva un punto strategico per quei piccoli gruppi di pastori, che sfruttavano al meglio le potenzialità delle varie aree e, probabilmente, mantenevano contatti con i centri proto-urbani posizionati sui colli in posizioni difese naturalmente.
E’ il caso di sottolineare come solo qualche secolo dopo i laghi costieri diverranno lagune salmastre, cambiando l’ecosistema e quindi la funzionalità per le comunità lì stanziate; ciò nonostante, pur in assenza di prove archeologiche, dobbiamo sottolineare la presenza del mare, altrove fonte di sale, prodotto tramite bollitura dell’acqua nei vasi.
A cura di Tiberio Bellotti.