Il delta del Tevere è caratterizzato dalla grande architettura anche per le epoche più recenti!
Villino A di Libera
Negli anni ’30, Ostia perse definitivamente la vocazione originaria di cittadina vacanziera balneare trasformandosi con il regime fascista in quartiere marino di Roma.
Con l’approvazione del Piano Regolatore del 1916, doveva rappresentare per il turista o più semplicemente per il vacanziere dell’Urbe, il fiore all’occhiello dell’architettura razionalista. A questa volontà il “regime” non espletava direttamente con opere proprie, ma con società e imprenditori.
La Società Immobiliare Tirrena, bandisce nell’agosto del 1932 un concorso per la costruzione di 15 “villini signorili” da realizzarsi sul lungomare Caio Duilio, all’interno di un’area che comprende piazzale Magellano, via S. Fiorenzo, via Costa Grimaldi Casta e via Capo Corso.
Al concorso vi parteciparono le migliori matite, operanti a Roma. Il criterio di affidamento degli incarichi non tenne in considerazione l’esito stesso del concorso.
La costruzione degli edifici fu affidata a Leopoldo Botti (che partecipò al concorso senza aver vinto alcun premio), al gruppo formato da Energici e Mario Monaco e ad Adalberto Libera i cui villini andarono a occupare i lotti estremi della prima fascia verso il mare.
Nel villino tipo “A” di tre piani, la composizione è impostata su una geometria rigorosa, fatta di rettangoli e cerchi. In elevato si trasforma in un rigoroso volume parallelepipedo scavato nei primi due livelli da ampie finestre rettangolari e all’attico da un profondo loggiato. Sia la pianta che il prospetto principale sono inscrivibili dentro le proporzioni del rettangolo aureo che si arricchisce con due balconi a sbalzo, due circonferenze con il centro sullo spigolo del muro e con il diametro alla metà dello spessore del corpo di fabbrica.
A cura di Daniele Romani